Esso sostiene che le specie non possono trasformarsi in altre specie e restano fisse nelle loro caratteristiche. Sembra un concetto semplice e chiaro, invece ha un margine di ambiguità, seppur limitato; ciò è dovuto all’incertezza che si è sempre avuta nel definire in modo univoco cosa sia una  <<specie>>.

 

Le definizioni prevalenti si incentrano sul concetto di interfecondità e considerano appartenenti alla stessa specie gli individui che potenzialmente si possono accoppiare, dando prole feconda. Ci sono pero’ casi particolari e riguardanti gruppi molto affini, per i quali questa definizione risulta inadeguata.

 

Anche il termine ebraico min <<specie (creata)>>, che troviamo in Genesi, ha un significato che si presta a una certa elasticità e potrebbe significare un raggruppamento più ampio di quello che viene oggi indicato come <<specie>>: per esempio il cane, il lupo, la volpe potrebbero considerarsi come appartenenti a un’unica <<specie>> e derivare da un progenitore comune attraverso la variabilità che si ha normalmente nella discendenza (cane, lupo e volpe, in quest’ottica, sarebbero razze diverse, non specie diverse).

 

Insomma, i confini della <<specie>> possono essere più stretti o più ampi, ma la differenza essenziale fra le diverse posizioni non sta in questo e riteniamo che si debbano definire <<fissisti>> tutti coloro che ritengono INVALICABILI i limiti della <<specie>> (indipendentemente da quanto essa sia ragionevolmente considerata ampia). Alcuni creazionisti che sono un po’ elastici sul concetto di specie, si definiscono <<non fissisiti>>, ma in questo modo alimentano la confusione del linguaggio. Semmai crediamo che sia più chiaro e ragionevole, dov’è necessario, fare una distinzione fra fissisti stretti e fissisti larghi. Il fissismo si contrappone all’evoluzionismo in generale e al trasformismo in particolare.

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