dadiNel primo caso (a), gli evoluzionisti potrebbero sostenere che gradualmente un gene che codifica una proteina muti fino a riuscire a codificare un’altra Proteina.

Sostenere questo primo scenario è però irragionevole e ciò è riconosciuto praticamente da tutti gli evoluzionisti. I motivi per il quale la prima opzione è considerata ormai da rigettare sono i seguenti:

Mutazioni in geni preesistenti rovinerebbero e degraderebbero l’informazione funzionale di quei geni. Quando un gene perde la sua funzione (codificare le proteine) la selezione eliminerà l’organismo che possiede questo gene. Questo processo si chiama “selezione purificatrice”.

Douglas Axe nel suo esperimento “Extreme Functional Sensitivity to Conservative Amino Acid Changes on Enzyme Exeriors” dimostra che è incredibilmente difficile provocare dei cambiamenti ad una sequenza amminoacidica (catena di amminoacidi nell’immagine a sinistra) funzionale, senza destabilizzare il ripiegamento delle proteine. Trovò che come alterava questa proteina, diversi cambiamenti di posizione all’esterno della molecola di proteina facevano sì che la proteina perdesse la sua funzione.

Infatti, per passare da una proteina con un certo ripiegamento ad una proteina con un ripiegamento e con una struttura e funzione completamente nuova, si richiedono specifici cambiamenti in tanti, tantissimi punti. Infatti il numero di cambiamenti necessari per produrre un nuovo ripiegamento di proteina eccede il numero di cambiamenti necessari che causerebbero la perdita della sua funzione.

Detto questo, per fare un’analogia, è come se il processo evoluzionistico dovesse fare un salto da una cima di una montagna all’altra, senza passare per la valle. La cima rappresenta la proteina funzionale e la valle il grande spazio di condizioni senza alcuna funzionalità, ovvero proteine non funzionali o catene amminoacidiche non in grado di ripiegarsi.

L’incapacità del processo evoluzionistico è direttamente proporzionale al numero di cambiamenti necessitati per passare ad un ripiegamento di proteina ad un altro. Il lavoro di Axe sopracitato dimostra l’altissima sensibilità delle proteine al cambiamento, con il suo esperimento infatti è stato dimostrato che la perdita di funzione è la conseguenza immediata del cambiamento.

C’è un ulteriore motivo per credere che l’evoluzione di proteina in proteina sia irragionevole: quasi tutte le funzioni delle proteine non possono essere eseguite se le proteine non sono ripiegate. Destabilizzare quindi, anche con il più lieve cambiamento, i ripiegamenti di proteine fa sì che la proteina perda la sua struttura tridimensionale perdendo la sua funzione.

Per di più le proteine destabilizzate vengono attaccate da altre proteine, le proteasi, che letteralmente distruggono le proteine non ripiegate e i polipeptidi nella cellula!

Detto questo, se anche ciò che ha una piccola perdita di funzione viene eliminata dalla selezione naturale, figuriamoci ciò che perde totalmente la sua funzione.

Axe concluse quindi che, anche con il mimino cambiamento la proteina si sarebbe distrutta o avrebbe perso la sua funzionalità.

Tutte queste affermazioni sopracitate sono poi state confermate numerose volte per via sperimentale, come nel caso degli studi del famoso biologo molecolare Francisco Blanco, nel suo “Exploring the Conformational Properties of the Sequence Space Between Two Proteins with Different Folds”

La prima opzione di evoluzione dei geni è quindi sbagliata.

Per questi motivi Axe si concentrò sullo studio dell’opzione apparentemente più plausibile, ovvero la seconda (b), in cui nuovi geni si formano da regione non funzionali o neutre del genoma.

In questo scenario l’informazione che compare da sezioni neutre o non funzionali del genoma, che possono essere quelle che non codificano per le proteine, o quelle duplicate, può variare liberamente, senza danneggiare l’organismo. Infatti, alterare i nucleotidi del DNA in queste zone non provoca nessun effetto sull’organismo, ed è per questo che la selezione naturale non ha nessun ruolo, almeno finché un nuovo gene funzionale non è comparso.

Gli evoluzionisti, per il più delle volte, sostengono che questo processo di formazione dei geni derivi da una duplicazione avvenuta durante il processo del crossing-over nella meiosi (un tipo di divisione cellulare che produce gameti in organismi sessuati).

Una volta avvenuta la duplicazione, che in parole povere sta a significare una copiatura di un gene già esistente, si permette ad uno dei due geni di poter essere modificato da varie mutazioni, senza che l’organismo ne subisca le conseguenze deleterie, poiché l’alto gene continua a funzionare normalmente. La conseguenza di tale modificazione è che è selettivamente neutra, poiché, dato che non è né in grado di creare danni e né in grado di creare benefici (ameno fin quando non si forma un nuovo gene con una nuova funzione). Diviene quindi possibile sperimentare e variare liberamente in sicurezza, facendo sì che questi nuovi cambiamenti genetici ininfluenti possano essere passate alle generazioni successive, dando così la possibilità in futuro ad altre mutazioni di far continuare ad “evolvere” questo gene, creando una nuova sequenza capaci di codificare per una nuova proteina. Questo secondo modello è definito dagli evoluzionisti il “modello classico” dei evoluzione di un gene.

Se da una parte questo modello è superiore al primo in quanto, la transizione del gene originale al nuovo gene non comporta alcun effetto distruttivo, tuttavia incontra un problema sostanziale, ed è proprio questa l’argomentazione di Axe: le sequenze capaci di formare ripiegamenti di proteine che rimangono stabili e che svolgono una funzione biologica sono estremamente poche (rispetto al numero totale di sequenze possibili). Poiché la selezione naturale non può fare nulla per mantenere una sequenza transizionale, ovvero una catena di amminoacidi che è a “metà strada” tra la proteina che era originariamente e quella che deve diventare, tramite graduali cambiamenti di posizione degli amminoacidi stessi, è solamente compito delle mutazioni creare una sequenza estremamente rara, capace di codificare per un ripiegamento funzionale (la selezione naturale non può prevedere che un codice apparentemente inutile possa servire in un ipotetico futuro),.

L’esperimento “Esperimenting the Prevalence of Protein Sequences Adopting Functional Enzyme Folds” di Axe consistette, tramite la “mutagenesi sito diretta”, di studiare il rapporto della frequenza tra le sequenze capaci di codificare per un ripiegamento funzionale di proteina ed una sequenza inutile (ovvero non capace di codificare per una proteina funzionale).

Egli stimò, con altissima precisione, che una sequenza di 150 amminoacidi capace di ripiegarsi in una struttura tridimensionale (una proteina appunto), comparata all’intera possibilità di sequenze amminoacidiche di quella lunghezza ha un rapporto di 1 su 1074.In altre parole, esiste una sola sequenza di amminoacidi capace di ripiegare una proteina per ogni 1074 sequenze.

Poiché una proteina per funzionare deve essere ripiegata, ma non tutte le proteine ripiegate sono funzionali, Axe calcolò che le sequenze capaci di produrre un ripiegamento di una proteina che abbia una funzione siano 1 su 1077.

Pensate ad esempio ad un qualsiasi sistema linguistico: per una parola di 10 lettere esistono molte più sequenze di lettere che non creano alcun significato rispetto a quelle che creano una parola con significato, tenendo a mente che il DNA, è composto da nucleotidi, come questo articolo è composto da lettere, cambiando la posizione dei nucleotidi, si può cambiare il messaggio del DNA. In questo caso, il gene, che è l’insieme di nucleotidi che codifica per una proteina, dice esattamente in che posizione devono collocarsi i precisi amminoacidi per far sì che si formi una proteina funzionale. Cambiando quindi la sequenza nucleotidica si può cambiare la sequenza amminoacidica per creare nuove forme di proteine necessarie per un processo evoluzionistico. Questa sequenza di 150 amminoacidi per diventare funzionale, tramite mutazioni, in modo del tutto cieco (la selezione naturale non può aiutare), deve azzeccare l’esatta sequenza che permetta il ripiegamento. Ricordiamoci però che solo una sequenza su 1077crea un ripiegamento funzionale! Tenete a mente che la somma di tutti gli atomi della Via Lattea ammonta a 1065!

Detto questo, non rimane altro che valutare la probabilità di questo evento (della nascita di una sequenza funzionale) dato il numero di tentativi stimati.

Il tempo gioca qui un ruolo fondamentale. Prendete ad esempio l’analogia del ladro che cerca la combinazione del lucchetto la bicicletta è legata. Trovare la combinazione di un lucchetto che necessita l’inserimento di 4 cifre, è difficile ma possibile se al ladro è dato qualche giorno per provare tutte e combinazioni possibili. Infatti ogni lucchetto di 4 cifre ha 10,000 tipi diversi di combinazioni di cui solo una apre il lucchetto. Il problema sussiste quando il ladro ha un tempo a disposizione molto limitato, supponiamo un’ora. A questo punto diventa improbabile che trovi la combinazione. E qui che entra in gioco la probabilità condizionale, ovvero, in parole semplici, la probabilità che tiene conto di diversi fattori, come appunto il tempo.

Axe, era interessato al numero di mutazioni, che nel corso della storia della vita sulla Terra, avrebbero potuto creare una nuova sequenza di basi nel DNA capace di creare una nuova sequenza di amminoacidi, una delle 1077 sequenze possibili. Infatti maggiori sono i tentativi e più aumentala probabilità della formazione di una proteina. Eppure bisogna tenere conto che non tutte le mutazioni possono essere considerate tentativi validi per la ricerca della sequenza giusta. Possono essere considerati tentativi validi infatti solo le mutazioni che possono essere ereditate. Quindi possiamo solo tenere conto delle mutazioni dei geni che avvengono nelle cellule riproduttive.

Detto questo, si può fare una stima del numero totale di organismi che sono vissuti sulla storia della Terra e il numero di geni che le mutazioni potrebbero produrre e trasmettere alla prole. Tenendo conto delle enormi popolazioni di procarioti, come i batteri, e assumendo che la vita sia nata sulla Terra 3.8 miliardi di anni fa, Douglas Axe (e numerosi altri scienziati) ha stimato che dalla prima cellula sono vissuti sino ad oggi 1040animali. Axe, inoltre, presuppose che ogni organismo ricevette una nuova sequenza di basi, ovvero potenzialmente un nuovo gene, capace di produrre una delle possibili sequenze amminoacidiche per generazione.

Questa presupposizione è incredibilmente a favore degli evoluzionisti. Poiché le mutazioni devono essere abbastanza rare per far sì che l’organismo possa sopravvivere, tantissimi batteri ereditano una copia esatta di DNA dai loro genitori. Inoltre, quando viene trasmesso il DNA con una mutazione è molto probabile che quella mutazione sia già avvenuta molte volte in altri batteri. Per questo motivo il numero attuale di sequenze tentate a partire dalla prima cellula, è molto inferiore del numero totale di tutti i batteri mai esistiti sulla Terra.

In ogni caso, assumendo che un nuovo gene per organismo sia stato trasmesso alla generazione successiva, Axe concluse che dall’inizio della prima vita ci sono stati 1040 tentativi alla ricerca della formazione di una sequenza che creasse una nuova proteina. Quindi la probabilità condizionale della formazione di un nuovo gene capace di codificare per un nuovo ripiegamento di proteina è una su 1037 (1077– 1040).

Tanto per complicare le cose sottolineiamo che: primo, l’esplosione cambriana datata mediante i ritrovamenti fossili 600 milioni di anni fa (per essere generosi), riduce di gran lunga il tempo per la formazione degli animali. Meno tempo equivale a dire meno tentativi, e quindi maggiore improbabilità. Secondo, i batteri sono gli animali che più hanno costituito la stima complessiva degli animali sulla Terra, eppure nessun animale del Cambriano si è evoluto direttamente dal batterio, e nemmeno nessuno crede che i primi organismi pluricellulari fossero così abbondanti come nel caso dei batteri. Infatti un numero minore dei possibili antenati dei primi animali ridurrebbe ulteriormente la già alta improbabilità: come chiunque sostiene, gli antenati pluricellulari dei primi animali del cambriano furono di numero di gran lunga meno numerosi, rispetto all’enorme numero totale di organismi mai vissuti sulla Terra. Terzo, per far evolvere un animale, sono necessari ben più di una nuova proteina, tra l’altro di una lunghezza modesta (150 amminoacidi). Tutti gli animali infatti per evolvere necessiterebbero di proteine ben più lunghe, rispetto a quella presa in considerazione da Axe, come nel caso della proteina chiamata “lisil ossidasi”, necessaria per l’evoluzione anche dei primissimi animali del cambriano, che è composta da ben 400 amminoacidi.

Prendendo sempre in considerazione il Cambriano, gli animali comparsi in questo periodo, per evolversi dagli organismi pluricellulari, necessiterebbero tantissime cellule diverse rispetto a quelle degli antenati. Queste cellule sono composte da numerose differenti proteine, il che complica ancora di più la vita agli evoluzionisti.

Tra l’altro, l’alta improbabilità di una sequenza funzionale (1077) spiega anche come mai il primo caso dell’evoluzione dei geni (da un gene preesistente appunto) non possa avvenire.

Per concludere gli evoluzionisti devono risolvere questo dilemma: se la selezione naturale non gioca alcun ruolo, subentra il problema statistico sopracitato, se invece la selezione naturale esercita una pressione, come nel caso dell’evoluzione da un gene già esistete, si presentano i problemi sopracitati.

Il meccanismo evolutivo non è quindi in grado di creare informazione genetica.

Esistono molti altri problemi statistici contro la teoria dell’evoluzione, che nel tempo analizzeremo singolarmente.

LA COMPLESSITA’ IRRIDUCIBILE

La complessità irriducibile è considerata da molti l’argomento più efficace contro la teoria dell’evoluzione. L’evoluzione infatti necessita di una gradualità nei processi (tanto per intenderci, nessun evoluzionista crede sia possibile passare da un pesce ad un anfibio in una generazione) dovuta al lento meccanismo di mutazione e selezione naturale.

Studiando questi sistemi che sono appunto irriducibilmente complessi (come dice la parola stessa, non possono essere ulteriormente scomposti nelle sue parti senza perdere la loro funzione) vediamo come un processo graduale come quello darwinista non può spiegare la loro esistenza.

Infatti, la transizione diviene impossibile in un sistema in cui, anche senza solo una delle sue parti, esso non funzionerebbe, poiché, assumendo il gradualismo, le transizioni del sistema in questione sarebbero completamente inutili e non avrebbero motivo per essere preservate dalla selezione naturale (la sua funzione infatti sarebbe possibile solo con tutte le sue parti già esistenti).

Un sistema è irriducibilmente complesso quando richiede che diverse parti collegate fra loro siano esistenti allo stesso momento, mentre quando avviene una rimozione di una o più di queste parti il sistema non funzionerà. Distruggere anche solo una parte del sistema, lo farebbe crollare. Il presunto meccanismo evolutivo, d’altro canto, implica che una nuova caratteristica porterà vantaggi per la sopravvivenza, e dunque permettere all’organismo di competere meglio contro organismo che non hanno “acquisito” questo tratto.

La teoria evoluzionistica necessita che tutte le forme di vita possano essere riconducibili a forme di vita sempre più semplici fino ad arrivare alla cellula primordiale, che a sua volta è venuta dalla materia, cosa ancora più semplice. Darwin, relativamente a questo disse: “Se fosse dimostrato che esiste un organo complesso che non poteva essere stato formato da numerose, successive, lievi modificazioni, la mia teoria si sgretolerebbe.” (Charles Darwin, L’origine delle Specie, 1964, p.189).

Michael Behe, nel suo libro “La scatola nera di Darwin”, illustra in modo dettagliato diversi sistemi da lui considerati irriducibilmente complessi. In questo articolo tratteremo solo uno di questi casi in modo molto riassuntivo. In futuro descriveremo dettagliatamente questi sistemi, con le critiche sollevate e le relative confutazioni delle critiche. Altri sistemi irriducibilmente complessi che tratteremo successivamente sono ad esempio tra i moltissimi, la coagulazione del sangue, il sistema immunitario, il motore ATP, il motore Kinesin, il sistema di trascrizione del DNA, la cellula stessa (nel tempo analizzeremo anche altri casi di complessità irriducibile).

 

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