Le affermazioni dei darwinisti sostengono che l’uomo di oggi si è evoluto da una creatura simile alla scimmia. Durante questo supposto processo evolutivo, che si ipotizza sia iniziato da 5 a 6 milioni di anni fa, si afferma che siano esistite alcune forme di transizione tra l’uomo di oggi e i suoi antenati.

Secondo questo scenario completamente immaginario, sono elencate le seguenti quattro categorie di base: 

1. Australopitecini (una delle varie forme appartenenti al genere Australophithecus)

2. Homo habilis

3. Homo erectus

4. Homo sapiens

Gli evoluzionisti chiamano il genere a cui appartenevano i supposti antenati dell’uomo simili alle scimmie Australopithecus, che significa “scimmia del sud”. Australopithecus, che non è altro che un vecchio tipo di scimmia estinta, si trova in varie forme diverse. Alcune di esse sono più grandi e con costituzione più robusta, mentre altre sono più piccole e gracili.
Gli evoluzionisti classificano la fase successiva dell’evoluzione umana come il genere Homo, cioè “uomo”. Secondo le affermazioni degli evoluzionisti, gli esseri viventi della serie Homo sono più sviluppati dell’Australopithecus, e non molto diversi dall’uomo moderno. Si dice che l’uomo di oggi, cioè la specie Homo sapiens, si sia formato nella fase più recente dell’evoluzione di questo genere Homo. Fossili come “l’uomo di Giava” “l’uomo di Pechino” e “Lucy”, che compaiono di tanto in tanto nei media e che si trovano nelle pubblicazioni e nei libri di testo evoluzionisti, fanno parte di uno dei quattro gruppi elencati in precedenza. Si ipotizza anche che ciascuno di questi gruppi si dirami in specie e sub-specie, a seconda del caso. Alcune ipotetiche forme di transizione del passato, come il Ramapitecus, dovettero essere escluse dall’immaginario albero genealogico umano dopo che ci si accorse che erano normali scimmie.
Descrivendo gli anelli della catena come “australopitecini > Homo habilis > Homo erectus > Homo sapiens”, gli evoluzionisti intendono che ciascuno di questi tipi è antenato del successivo. Recenti scoperte da parte di paleoantropologi, però, hanno rivelato che australopitecini, Homo habilis e Homo erectus esistevano in diverse parti del mondo allo stesso tempo. Inoltre, alcuni degli umani classificati come Homo erectus probabilmente sono sopravvissuti fino a tempi molto recenti. In un articolo dal titolo “Latest Homo erectus of Java: Potential Contemporaneity with Homo sapiens in Southeast Asia” si riportò che fossili di Homo erectus trovati a Giava avevano “età medie da 27 ± 2 a 53.3 ± 4 migliaia di anni” e questo “fa sorgere la possibilità che l’H. erectus si sia sovrapposto nel tempo con esseri umani anatomicamente dei nostri giorni (H. sapiens) nell’Asia sud-orientale.”
Inoltre, anche l’Homo sapiens neanderthalensis (uomo di Neanderthal) e l’Homo sapiens sapiens (l’uomo di oggi) sono chiaramente coesistiti. Questa situazione indica evidentemente l’invalidità dell’affermazione secondo cui uno è antenato dell’altro.
Intrinsecamente, tutte le scoperte e le ricerche scientifiche hanno rivelato che i reperti fossili non suggeriscono un processo evolutivo come propongono gli evoluzionisti. I fossili, che gli evoluzionisti affermano essere gli antenati degli esseri umani, appartengono in realtà o a razze umane diverse o a specie di scimmie.
Allora quali fossili sono umani e quali sono scimmie? Perché è impossibile che una di esse possa essere considerata una forma di transizione? Per trovare le risposte, guardiamo più da vicino ciascuna categoria.

Australopithecus

La prima categoria, del genere Australopithecus, significa “scimmia del sud,” come abbiamo detto. Si ipotizza che queste creature comparvero per la prima volta in Africa circa 4 milioni di anni fa e vissero fino a 1 milione di anni fa. Tra gli australopitecini, c’è una serie di specie diverse. Gli evoluzionisti ipotizzano la specie di Australopithecus più vecchia sia A. afarensis. Dopo di essa, viene A. africanus e poi A. robustus, che ha ossa relativamente più grandi. Per quanto riguarda A. Boisei, alcuni ricercatori accettano che sia una specie diversa, mentre altri che sia una sub-specie di A. Robustus.
Tutte le specie di Australopithecus sono scimmie estinte che somigliano alle scimmie di oggi. La loro capacità craniale è la stessa o inferiore a quella degli scimpanzé dei giorni nostri. Nelle mani e nei piedi, ci sono parti protuberanti che usavano per arrampicarsi sugli alberi, come gli scimpanzé di oggi e i piedi sono formati in modo da afferrarsi e tenersi ai rami. Molte altre caratteristiche, come dettagli del cranio, la vicinanza degli occhi, i molari affilati, la struttura della mandibola, le braccia lunghe e le gambe corte, costituiscono prova che queste creature non erano diverse dalle scimmie odierne. Gli evoluzionisti affermano, però, che nonostante gli australopitecini avessero l’anatomia delle scimmie, a differenza di queste camminavano erette come gli esseri umani.
Questa affermazione secondo cui gli australopitecini camminavano eretti è un’opinione che è sostenuta da decenni da paleo-antropologi come Richard Leakey e Donald C. Johanson. Tuttavia molti scienziati che hanno svolto tante ricerche sulle strutture scheletriche degli australopitecini hanno dimostrato l’invalidità di tale argomento. Ampie ricerche eseguite su vari esemplari di Australopithecus da due anatomisti di fama mondiale, uno inglese e l’altro statunitense, Lord Solly Zuckerman e Prof. Charles Oxnard, hanno dimostrato che queste creature non camminavano in posizione eretta alla maniera degli esseri umani. Avendo studiato le ossa di questi fossili per 15 anni grazie a stanziamenti del governo britannico, Lord Zuckerman e il suo team di cinque specialisti giunse alla conclusione che gli australopitecini erano una specie di scimmia ordinaria, e sicuramente non bipede, sebbene Zuckerman sia egli stesso un evoluzionista. In modo corrispondente, Charles E. Oxnard, che è un altro anatomista evoluzionista famoso per le sue ricerche sull’argomento, paragonò la struttura scheletrica degli australopitecini a quella degli orango tango odierni.
Il fatto che l’Australopithecus non possa essere considerato un antenato dell’uomo è stato accettato di recente dalle fonti evoluzioniste. La famosa rivista scientifica popolare francese Science et Vie ha usato l’argomento come copertina del suo numero di maggio 1999. Sotto il titolo “Adieu Lucy”, laddove Lucy era il più importante esempio fossile della specie Australopithecus afarensis, la rivista riportava che le scimmie della specie Australopithecus avrebbe dovuto essere eliminate dall’albero genealogico degli esseri umani. In questo articolo, basato sulla scoperta di un altro fossile di Australopithecus noto semplicemente come St W573, compaiono le seguenti frasi:
Una nuova teoria afferma che il genere Australopithecus non è la radice della razza umana…I risultati raggiunti dall’unica donna autorizzata ad esaminare St W573 sono diversi dalle normali teorie riguardanti gli antenati del genere umano: questo distrugge l’albero genealogico degli ominidi. I grandi primati, considerati antenati dell’uomo, sono stati eliminati dalla equazione di questo albero genealogico…Specie di Australopithecus e Homo (umani) non compaiono sullo stesso ramo. I diretti antenati dell’uomo aspettano ancora di essere scoperti.

Homo Habilis

La grande somiglianza tra le strutture di scheletro e cranio di australopitecini e scimpanzé e la confutazione delle affermazioni che queste creature camminassero erette, hanno causato grandi difficoltà ai paleo-antropologi evoluzionisti. Il motivo è che, secondo l’immaginario schema evolutivo, l’Homo erectus viene dopo Australopithecus. Come implica il nome del genere Homo (che significa “uomo”), l’Homo erectus è una specie umana e il suo scheletro è eretto. La sua capacità cranica è due volte quella dell’Australopithecus. Una transizione diretta dall’Australopithecus, che è una scimmia simile allo scimpanzé, all’Homo erectus, che ha uno scheletro non diverso da quello dell’uomo odierno è fuori questione anche secondo la teoria evoluzionista. Pertanto, sono necessari “anelli”, cioè forme di transizione. Il concetto di Homo habilis derivò da questa necessità.
La classificazione di Homo habilis fu presentata negli anni ’60 dai Leakey, una famiglia di “cacciatore fossili”. Secondo i Leakey, questa nuova specie, che essi classificarono come Homo habilis, aveva una capacità cranica relativamente grande, la capacità di camminare eretti e di usare strumenti di pietra e legno. Poteva essere, quindi, l’antenato dell’uomo.
Nuovi fossili della stessa specie, dissotterrati alla fine degli anni ’80, dovevano completamente cambiare questa visione. Alcuni ricercatori, come Bernard Wood e C. Loring Brace, che facevano affidamento su questi fossili appena scoperti, affermarono che l’Homo habilis (che significa “uomo abile” cioè uomo in grado di usare strumenti), doveva essere classificato come Australopithecus habilis o “scimmia meridionale abile” perché l’Homo habilis aveva molte caratteristiche in comune con le scimmie australopitecine. Aveva braccia lunghe, gambe corte e una struttura scheletrica simile a quella delle scimmie, proprio come Australopithecus. Le dita delle mani e dei piedi erano adatte per arrampicarsi. La loro mandibola somigliava molto a quella delle scimmie odierne. La capacità cranica media di 600 cc è anch’essa un’indicazione del fatto che erano scimmie. In breve, l’Homo habilis, che era presentato come una specie diversa da alcuni evoluzionisti, era in realtà una specie di scimmie proprio come tutti gli altri australopitecini.
Ricerche svolte negli anni dopo la pubblicazione dell’opera di Wood e Brace hanno dimostrato che l’Homo habilis in realtà non era diverso dall’Australopithecus. Il fossile di cranio e scheletro OH62, trovato da Tim White, dimostrarono che questa specie aveva una capacità cranica piccola, nonché braccia lunghe e gambe corte, che le consentivano di arrampicarsi sugli alberi proprio come fanno le scimmie odierne.
Le analisi dettagliate condotte dall’antropologa americana Holly Smith nel 1994 indicarono che l’Homo habilis non era affatto Homo, in altre parole umano, ma inequivocabilmente una scimmia. Parlando delle analisi da lei eseguite sui denti di Australopithecus, Homo habilis, Homo erectus e Homo neanderthalensis, Smith affermò quanto segue:
Limitando l’analisi dei fossili a campioni che soddisfano questi criteri, modelli di sviluppo dentale di australopitecini e Homo Habilis gracili restano classificati nell’ambito delle scimmie africane. Quelli di Homo erectus e Neanderthal sono classificati nell’ambito degli esseri umani.
Entro lo stesso anno, Fred Spoor, Bernard Wood e Frans Zonneveld, tutti specialisti di anatomia raggiunsero una conclusione simile attraverso un metodo completamente diverso. Questo metodo si basava su analisi comparative dei canali semicircolari dell’orecchio interno di esseri umani e scimmie, che consentono loro di mantenere l’equilibrio. Spoor, Wood e Zonneveld conclusero che:
Tra gli ominidi fossili la specie più antica che dimostra la morfologia dell’essere umano dei giorni nostri è l’Homo erectus. In contrasto, le dimensioni del canale semicircolare nei crani rinvenuti nell’Africa meridionale attribuiti a Australopithecus e Paranthropus somigliano a quelli delle grandi scimmie esistenti.
Spoor, Wood e Zonneveld hanno anche studiato un esemplare di Homo habilis, cioè Stw 53, e hanno scoperto che “Stw 53 faceva meno affidamento su un comportamento da bipede rispetto agli australopitecini.” Questo significava che l’esemplare di H. habilis era ancora più simile alle scimmie rispetto alla specie Australopithecus. Quindi essi conclusero che “Stw 53 rappresenta un’improbabile forma intermedia tra le morfologie viste in australopitecini e H. erectus.”

Questa scoperta dà due importanti risultati:

1. I fossili definiti Homo habilis in realtà non appartenevano al genere Homo, cioè agli umani, ma a quello dell’Australopithecus cioè delle scimmie.

2. Sia Homo habilis che Australopithecus erano creature che camminavano piegate in avanti, cioè avevano lo scheletro di una scimmia. Non hanno alcuna relazione di sorta con l’uomo.

Mora by beppecaselle.blogspot.it

 

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