Due fatti riguardanti l’evoluzionismo colpiscono in modo particolare. Il primo è che esso è “sospeso nell’aria”, poiché gli manca il punto d’inizio.

Non si ha infatti la più pallida idea dell’origine della vita sulla terra.

Il secondo è che non vi sia alcuna prova della possibilità di trasformazione di una specie in un’altra.

Per queste sue caratteristiche l’evoluzionismo appartiene non al mondo delle scienze, ma a quello della filosofia, delle ideologie e delle dottrine.

Questa appartenenza spiega il fatto stupefacente che una simile elaborazione mentale abbia potuto, come dicono gli evoluzionisti, aprire “una nuova era nella storia intellettuale del genere umano,  cambiando radicalmente la nostra concezione dell’universo e della posizione del genere umano in esso”

(1). Il mio scopo non è di contraddire queste affermazioni – peraltro vere – e nemmeno quello di discutere le loro eventuali implicazioni morali, etiche, psicologiche, spirituali, religiose, filosofiche, antropologiche, sociali e politiche. Quello che vorrei fare invece è discutere soltanto le implicazioni di carattere puramente scientifico dell’evoluzionismo, in particolare la sua validità scientifica, i suoi rapporti con le altre discipline biologiche, il suo valore didattico.

Ecco come indica i limiti della scienza Isaac Newton: “Il metodo migliore e più sicuro per studiare la natura è prima di tutto la scoperta e la determinazione con sperimenti delle caratteristiche dei fenomeni, mentre le ipotesi sulla loro origine possono essere rimandate in un secondo piano.

Queste ipotesi devono sottomettersi alla natura dei fenomeni, e non invece tentare di sottometterla ignorando le prove sperimentali”. Alla luce di questa definizione è evidente che in realtà Darwin non ha esteso la rivoluzione scientifica di Copernico, Keplero, Galileo e Newton al campo della biologia (come dicono gli evoluzionisti), ma ha semplicemente spostato il principio della conoscenza dei fenomeni dallo studio del loro funzionamento a quello – completamente diverso – della loro origine, di fatto sostenendo l’esatto contrario di Newton, cioè la possibilità di conoscenza scientifica anche senza verifica sperimentale.

Infatti, a differenza  delle altre discipline biologiche (ad esempio la

fisiologia) che studiano il funzionamento  degli organismi, l’evoluzionismo studia la loro origine. Ma mentre nelle altre discipline le teorie vengono sottoposte a verifica sperimentale e rimangono a far parte della scienza solo se superano tale verifica, l’evoluzionismo, al contrario, viene inserito nelle scienze biologiche senza aver passato il vaglio delle prove sperimentali.

Nonostante questa differenza, l’evoluzionismo viene insegnato come scienza – e con implicito pari merito – assieme alle altre discipline biologiche. Dal punto di vista metodologico questo vuol dire ignorare la differenza tra prove e speculazioni, confondere la realtà con la fantasia e spacciare supposizioni per certezze. Tutto questo ha delle conseguenze didattiche negative perché ostacola lo sviluppo delle capacità di riconoscere le differenze tra le cose (che sono più importanti delle somiglianze), di pensare in modo critico e di comprendere la natura stessa della conoscenza scientifica.  Per queste ragioni già Rudolf Virchow, medico, antropologo e contemporaneo di Darwin, riteneva il darwinismo deleterio per la reputazione della scienza ed era contrario al suo inserimento tra le discipline scientifiche ed al suo insegnamento.

Presentare l’evoluzionismo come teoria scientifica basata su leggi e su prove è un falso facile da scoprire se si possiede un minimo di conoscenza della metodologia scientifica e dei fatti specifici che lo riguardano.

Purtroppo l’evoluzionismo viene insegnato fin dalle scuole elementari e presentato come “verbo della scienza” a bambini non ancora in grado di comprendere la sua validità scientifica. Quest’ultimo fatto rende la separazione dell’evoluzionismo dalle scienze ed il suo collocamento tra le ideologie e le religioni non solo una operazione importante dal punto di vista metodologico e didattico, ma anche un atto dovuto di responsabilità nei confronti dei nostri figli, dei nostri studenti e della nostra stessa intelligenza. 

 

Bibliografia:

1) Ayala FJ. Darwin e il progetto della natura, KOS 2002;202 (luglio):

22-27.

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